Articoli 11 Luglio 2024
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Le donne contemporanee sono ancora divise tra il desiderio di fare carriera – e di vederla realizzata – e quello di diventare madri e costruire una famiglia, magari proprio come quella di provenienza. Questo perché per fare carriera le donne devono garantire la stessa parità di ore lavorate dei colleghi maschi, perseguendo e raggiungendo gli stessi obiettivi, se non anche dimostrando qualcosa di più.
Ma com’è possibile per una sola donna lavorare circa 9 ore al giorno, accudire i figli, sistemare la casa e svolgere tutte le attività di matrona in una sola giornata?
Prendendo spunto dal mondo cinematografico, siamo ancora tutti affascinati dalla figura professionale di Miranda Priestley, il capo della rivista Runaway che metteva un’intera azienda in riga, collaboratori compresi, solamente con lo sguardo. In pochi ricorderanno uno dei personaggi a cui Anne Hathaway ha prestato il volto in “Lo Stagista Inaspettato”. In questo caso non mi soffermo tanto sulla trama della commedia divertente, ma soprattutto sulla fatica che Jules Ostin ha dovuto fare per mandare avanti la propria azienda e nello stesso tempo, mandare avanti la propria famiglia.
In Italia viviamo ancora sotto uno stereotipo sociale che fa ancora fatica ad accettare la donna come un lavoratore a tutti gli effetti. Figuriamoci se una donna, poi, può ricoprire una posizione di successo facendo carriera: impensabile. Ma perché siamo ancora così indietro rispetto a nazioni come la Lituania? Le cause del divario di genere sono sia strutturali che culturali. In Italia, la condivisione delle responsabilità domestiche e di cura è ancora fortemente sbilanciata a favore delle donne, che dedicano in media 5 ore al giorno ai lavori domestici e alla cura dei figli, rispetto alle 2 ore dedicate dagli uomini.
La cultura del lavoro in Italia tende a penalizzare le donne, soprattutto quando diventano madri. La mancanza di effettive politiche di congedo parentale retribuito e di sostegno alla genitorialità rende difficile per le donne mantenere il proprio posto di lavoro e avanzare nella carriera. Questo fenomeno è noto come “soffitto di cristallo”, una barriera invisibile che impedisce alle donne di raggiungere posizioni di leadership.
Paradossalmente se una madre viene penalizzata sul posto di lavoro, costretta spesso a passare da un impiego full time a uno part time, un padre è invece molto più “premiato”. Lo dice uno studio condotto da Eurostat dal quale si evince che gli uomini con figli hanno un tasso di occupazione più elevato (90,1%) rispetto a quelli che non ne hanno (81,1%) e lavorano meno frequentemente part-time. Le madri, oltre a essere quelle con il tasso di occupazione più basso, sono anche la categoria che presenta l’incidenza più marcata di lavoro a tempo parziale (più del 23%).
Se in Italia la situazione è molto drammatica, in Europa si registra una discrepanza, un divario di genere nel mondo del lavoro, pertanto anche dal punto di vista salariale, non indifferente. Verso il Nord abbiamo regioni floride come i Paesi Baltici. Nello specifico il divario di genere è meno di 1 punto percentuale nella Lituania, mentre in Finlandia è solamente dell’1,2%. Chi invece rispecchia le nostre stesse problematiche, se non una situazione ancora più disastrosa, sono la Romania (18.6 punti percentuale) e la Grecia con il 21%.
Il divario di genere ha importanti implicazioni non solo per le donne, ma per l’intera economia italiana. L’esclusione delle donne dal mercato del lavoro e dalle posizioni di leadership rappresenta una perdita significativa di talento e di potenziale economico. Se il tasso di occupazione femminile raggiungesse la media europea, si stima che il PIL italiano potrebbe aumentare significativamente .
Inoltre, le disparità di genere nel lavoro contribuiscono a perpetuare le disuguaglianze sociali e a ridurre la coesione sociale. Le donne con minori opportunità lavorative hanno anche meno accesso a risorse economiche, educative e sanitarie, creando un circolo vizioso di povertà e esclusione sociale .
In un’ottica sostenibile ma soprattutto di inclusività sociale e di parità di genere, tutto questo non è più accettabile. Con l’avvento di un primo ministro donna in moltissime hanno sperato che qualcosa cambiasse, purtroppo così non è stato. Anzi, se dei cambiamenti ci sono stati, sono andati nella direzione contraria rispetto a quella voluta.
Per affrontare queste sfide, gli articoli sottolineano l’importanza di politiche pubbliche mirate e di una trasformazione culturale. Sono necessarie politiche che favoriscano la parità di genere nel mercato del lavoro, come incentivi per il congedo parentale, la promozione del lavoro femminile in settori ad alta crescita e l’aumento delle strutture di supporto per l’infanzia .
Un cambiamento culturale è altrettanto cruciale: la società italiana deve evolvere verso una maggiore condivisione delle responsabilità domestiche e un riconoscimento del valore del lavoro femminile, sia pagato che non pagato. Questo richiede una sensibilizzazione diffusa e un impegno concreto da parte di tutti gli attori sociali, economici e politici .
Prendendo in prestito alcuni termini molto cari alla matematica, possiamo dire che si riduce sempre tutto a una sola equazione: all’aumentare dei soldi maggiori sono le probabilità di diventare madri; al diminuire dei soldi – e delle strutture di sostegno – diminuiscono le possibilità di diventare madre.
Il divario di genere nel mondo del lavoro in Italia rappresenta una delle principali sfide per il paese. Superare queste disuguaglianze richiede un approccio integrato che combini riforme strutturali, politiche efficaci e una trasformazione culturale profonda. Solo così si potrà garantire una partecipazione paritaria delle donne al mercato del lavoro e una società più equa e prospera per tutti.